Associazione "La Mano Sulla Roccia"

13 ottobre 2018 GITA - INCONTRO CON ANTONIO MAIONE SUL TEMA: L'UOMO E LA LIBERTA'. (CON RESOCONTO)

13 ottobre 2018 GITA - INCONTRO CON ANTONIO MAIONE SUL TEMA: L'UOMO E LA LIBERTA'. (CON RESOCONTO)

"Egli tutelava la causa del povero e del misero e tutto andava bene. Questo non significa infatti conoscermi? Oracolo del Signore" (Geremia 22,16)

Interessantissima gita alla quale hanno partecipato 50 persone. E' stata effettuata una visita guidata nel complesso monumentale di S. Francesco a Folloni

e successivamente all'azienda "Castagne Perrotta" dove è stato mostrato e spiegato il ciclo di trasformazione delle castagne.

E' seguito un pranzo condiviso nell'area attrezzata del Bioparco e l'incontro svolto da Antonio Maione, seguito da un vivace dibattito,  in una sala all'interno del magnifico parco naturale.

 

RESOCONTO DELL GITA

GITA-INCONTRO A MONTELLA SU TEMA:

 

L'UOMO E LA LIBERTA'.

"Egli tutelava la causa del povero e del misero e tutto andava bene. Questo non significa infatti conoscermi? Oracolo del Signore" (Geremia 22,16)

Vi do un foglio piegato col patto che non l'aprirete. Dovete, invece, fare il tentativo di pensare, cosa che è diventata sempre più difficile anche se il pensiero è la caratteristica essenziale dell'uomo. Se l'uomo non ha la capacità di gestire le proprie azioni, è uno che non può agire perché l'azione passa per la volontà che è illuminata dall'intelligenza e, quindi, è responsabile.

Provate a pensare adesso che il 3 gennaio 2004 un aereo 737, con 148 persone a bordo, partì dalla penisola sinaitica diretto a Parigi. Dopo tre minuti di volo scomparve dal radar e precipitò. Non ci fu uno scoppio perché furono esaminati i resti. La scatola nera fu recuperata in fondo al Mar Rosso dopo qualche anno. Da essa si sentiva la voce del secondo pilota che diceva al primo: "Stai andando a destra invece che a sinistra!". E nient'altro.

Il pilota aveva al suo attivo diverse migliaia di ore di volo. Sembrava impossibile che potesse sbagliare. Invece successe.

Qualche volta il nostro cervello ha delle illusioni che portano ad agire in modo scorretto. Siccome la libertà presuppone l'avere l'esatta conoscenza di una cosa, se questa conoscenza non c'è, si commette l'errore.

Se si chiede: "Credete di andare soggetti ad illusioni?", la risposta più comune è: "Qualche volta". Invece, gli errori li commettiamo permanentemente e l'errore più grande è quello di non accorgercene...

Ora aprite il foglio tenendo il lato con la striscetta nera in basso: vedrete una giovane con una piuma in testa. Provate a darle un'età, ma dopo un po' vi accorgerete che la figura può essere interpretata anche come quella di una vecchia.

Adesso provate a guardare in alto l'altra figura e vedrete una faccia che sembra sorridente. Se la girate, vedrete un mostro con occhi sottosopra.

Questo è il fenomeno del thatcherismo (1) che consiste nel portare delle modifiche all'immagine che non siamo assolutamente abituati a vedere.

Sia le prime che le seconde immagini danno uno squarcio su come il nostro intelletto sia assoggettato alle percezioni del cervello che legge le cose secondo la precomprensione, secondo quello che ha depositato nella base dell'ipotalamo che è la zona del cervello che provvede a recuperare immagini del passato (memoria) e a proiettare idee sul futuro. Il nostro comportamento, dunque, si sbilancia tra l'accumulo del passato e la proiezione sul futuro.

Adesso considerate che l'ipotalamo dei tassisti londinesi è molto più sviluppato fin quando questi sono in servizio. Quando vanno in pensione, progressivamente si riduce mentre si sviluppa la parte frontale. Per fare il tassista a Londra, si devono avere nella mente almeno 320 percorsi e per superare l'esame di tassista, bisogna fare numerose prove perché è difficilissimo in quanto si deve sviluppare l'aspetto ipotalamico.

Noi umani siamo derivati da un percorso molto lungo che ha portato progressivamente gli animali a collegare la spazialità con la temporalità elaborando un sistema di conoscenza.

L'uomo ha preso queste realtà da quelli che sono stati i primi tentativi di equilibrio per la sopravvivenza. Infatti, se ci chiediamo perché in natura si sono verificati questi sviluppi particolari del tempo e dello spazio, dobbiamo rispondere che è stato per la sopravvivenza.

Fondamentalmente, lo stimolo che ha portato a questo sviluppo, è un adattarsi nella memoria per entrare nella dimensione creativa. L'uomo, cioè, intanto sopravvive, in quanto si avventura nella costruzione del nuovo.

Questo significa avere la speranza dell'ottenimento di quello che si vuole. Se l'ottenimento non è sperato, la persona non si mette assolutamente a rischio.

Perché a Napoli è molto diffuso il gioco del lotto? Perché c'è la prospettiva del poter vincere...

Se voi doveste pensare a come sarà per voi l'anno prossimo, lo costruireste in un modello il più corrispondente possibile a quello che desiderate...

La previsione è sempre caratterizzata dalla possibilità di ottenere quello che manca, cioè,  c'è una visione ottimistica della vita. Il pessimismo avrebbe prodotto nell'umanità il blocco del progresso. Infatti, il progresso, intanto si può verificare, sia nella singola realtà personale che nel gruppo umano, perché c'è la prospettiva.

La visione prospettica o futurista è sempre legata all'ottimismo. Ottimizzare il futuro significa avere la possibilità di prendere dalla memoria pregressa e proiettare statisticamente ciò che è possibile ottenere.

Ci sono uccelli che hanno la capacità di nascondere il cibo in un fosso. Se si accorgono che qualcuno li ha visti, fanno prima finta di niente, poi ritornano a riprendere il cibo e a nasconderlo in un posto diverso. Anche i cani fanno così. Altri uccelli, poi, del cibo conservato consumano prima quello che va a male e poi tutto il resto, come se avessero una visione chiara del tempo e dello spazio dove lo hanno nascosto.

L'uomo ha dentro di sé questa memoria e questa capacità di proiettare nel futuro. Questa è la base che caratterizza l'uomo contemporaneo perché le conoscenze attuali sono talmente tante da produrre nel soggetto una quantità di immissioni di concetti tanto da poter creare la confusione sia nel passato che nel futuro.

L'uomo di oggi si trova, così, ad essere deprivato della libertà perché questa presuppone la conoscenza in base alla quale poter fare una scelta. Se la conoscenza è confusa, l'uomo contemporaneo finisce col non avere più la possibilità concreta di fare delle scelte per cui si orienta verso una massificazione deresponsabilizzata. Quanto più è larga la massificazione, minore è la responsabilizzazione e l'umanizzazione.

La libertà dell'uomo di oggi diventa un rischio nel senso che chi assume l'orientamento di profonda responsabilità finisce con l'essere estromesso dal processo di massificazione. Quindi, si trova nella situazione di non poter scegliere in libertà. Quando si toglie la libertà all'uomo, lo si depriva della sua umanità.

Chiarito questo concetto, ci rendiamo conto che non è più possibile subire il percorso che ci distrugge intimamente perché l'uomo perde la sua interiorità che è il pensiero da cui proviene l'esteriorità che è il linguaggio.

Il pensiero può subire delle modificazioni illusorie. Se voi aveste trovato qui un attaccapanni a terra, immediatamente vi sareste chinati a raccoglierlo per metterlo al muro. Ma in una mostra su un attaccapanni inchiodato a terra, c'era scritto "trappola" proprio perché generalmente si pensa che questo oggetto debba stare al muro. Un altro artista mise un water in posizione elevata e lo etichettò "lavandino" perché lo usava per lavarsi le mani.

Noi abbiamo una sorta di depistaggio permanente. Leggiamo le cose sulla base della memoria sedimentata e, tuttavia, siamo in una condizione di progresso permanente perché vi siamo inclini.

Si sarebbe mai scoperto l'America se la visione non fosse stata caratterizzata dall'ottimismo di trovare una terra?

Si potrebbe mai partire nello spazio senza avere la certezza di poter raggiungere la stazione spaziale?

Da questa carrellata, noi dobbiamo ricavare che la nostra vita è sempre caratterizzata dalla positività anche quando, pronosticamente, pensiamo che le cose stiano andando male. Infatti, pensiamo che vadano male per gli altri, ma non per noi.

Tutti sappiamo di dover morire, ma pensiamo sempre alla morte degli altri mentre la nostra sembra non riguardarci... Chi pensa di poter morire per cancro? Oggi, oltre il 25% della popolazione muore per cancro, ma ciascuno non pensa che possa capitare a sé. Abbiamo una prospettiva e siamo attenti che sia costruttiva. A questo proposito, l'uomo ha sempre generato una quantità di idee per tentare di migliorare la sua dimensione esistitiva. Leibniz diceva che il mondo in cui viviamo è il migliore possibile. Lo stesso Cartesio dava una visione di possesso della realtà, l'idea chiara e distinta.

Ritornando al pilota dell'aereo 737 precipitato, la sua fu una perdita di localizzazione, cosa che capita non raramente. E' un fenomeno diffuso. Anche le persone che vanno in montagna spesso perdono l'orientamento e non sanno più dove sono. Questo disorientamento è una percezione illusoria. Quante illusioni abbiamo noi nella nostra vita quotidiana? La più frequente è proprio quella di essere convinti di avere una percezione... esatta! Questa è una grande illusione. Pensiamo di vedere la realtà sempre in modo estremamente oggettivo. Invece, se non c'è il confronto attraverso la comunicazione con gli altri punti di vista, la nostra percezione è quasi sempre errata.

Proviamo, adesso, a fare un salto nel passato. Ai tempi dell'impero romano, i gladiatori nell'arena dicevano all'imperatore: "Morituri te salutant" ("Quelli che stanno per morire ti salutano"). C'erano poi i cristiani che andavano cantando incontro alle belve affamate...

Noi oggi pensiamo che fossero pazzi!

Ma adesso tutti posseggono uno smartphone anche se si sa che fa male e che i tumori al cervello sono aumentati a vista d'occhio particolarmente tra i giovani. E' una situazione catastrofica che oggettivamente noi non percepiamo più perché abbiamo l'illusione che gli smartphone facciano male solo agli altri e non a noi. Pensiamo che il nostro metro sia quello giusto perché abbiamo una visione del giusto corrispondente a quello che abbiamo etichettato per noi.

Questa visione cosiffatta, nonostante all'apparenza sembra essere pessimistica, fondamentalmente è un modo di vedere il positivo anche quando è negativo. Infatti, l'uomo legge sempre in positivo. Anche quando scoppia una guerra, chi va a combattere lo fa con la prospettiva di vincere e non di perdere.

Ognuno si comporta in un certo modo che è quello che ritiene essere il migliore per sé.

Fino a poco tempo fa non si pensava a tutto questo. Si tratta di un'indagine che psicologi e sociologi stanno facendo recentemente perché se l'uomo non avesse la prospettiva di apertura al nuovo, non riuscirebbe a sopravvivere nella quotidianità.

Se non riusciamo ad interiorizzare questo discorso, riducendo le illusioni mediante il confronto che scaturisce dalla comunicazione, perdiamo il diritto fondante che è quello della scelta. Ecco perché la fase che stiamo vivendo adesso è molto particolare perché è una curvatura straordinaria: o l'uomo si sveglia dal torpore e dal sonno oppure finisce rullato, macinato, poltigliato in un sistema che non è più a sua misura.

Quindi, c'è una lotta violenta tra l'istanza della persona che tende al benessere inteso come realizzazione piena, e la situazione che vive che è contraria alla sua  dimensione di libertà.

Questo è l'argomento ricorrente nelle pubblicazioni contemporanee.

Quando si vuole parlare tanto per farlo, escludendo la propria esperienza non si fa comunicazione. La comunicazione, allora è funzionale alla realizzazione, quando si attinge nel profondo della propria esperienza personale e la si riesce a trasmettere agli altri utilizzando le vie empatiche. L'empatia scaturisce dalla predisposizione del soggetto ad uscire da sé ed entrare nell'esperienza dell'altro e anche a far sì che l'altro, cogliendo la propria esperienza, la trasmetta al primo.

Se non c'è questo flusso e riflusso, la comunicazione non scatta. Ecco perché quando si fanno questi incontri, bisogna privilegiare il tempo in cui la persona entra nel proprio mondo per cogliere il proprio fantastico, il proprio onirico, il proprio percepito, possibilmente confrontato per ridurre le illusioni. Da questa riduzione, emerge l'obiettività e nell'obiettività ci si può confrontare con maggiore capacità di crescita reciproca perché se una persona ripete quello che un'altra ha detto senza nulla aggiungere della propria esperienza, il discorso finisce in un bla, bla, bla.

E' necessario che la persona scenda nella profondità del proprio essere per riflettere, per esempio, sul... suo sudore perché non si è mai reso conto che poiché il caldo produce la disidratazione e, quindi, la morte, il corpo adotta un sistema di refrigerazione attraverso il sudore. Quando si suda, il corpo si raffredda e, pertanto, non perde i liquidi e si conserva.

Quindi, anche nel sudore c'è il modello ottimistico della natura, così come in tante piante. La castagna, per esempio, si protegge con il riccio per non farsi facilmente mangiare. Alcune, poi, riescono ad attecchire e sopravvivere. Questo sistema è intrinsecamente legge dell'ottimismo...

Nel corpo umano, le cellule sono idratate in modo giusto, cosa che consente la sopravvivenza dell'intero organismo attraverso il meccanismo psico-neuro-endocrino immunologico.

Quest'essere tutto intrinsecamente ottimistico significa che lasciandoci andare alla naturalità, entriamo in una dimensione che ci apre ad una vitalità che vuole permanere e qui si aggancia la sopranatura.

Quando leggiamo nel Vangelo: "La verità vi fa liberi" (Gv 8,32), questa non è la verità passata nell'illusorio, ma la verità nella sua oggettività. E l'oggettività della natura è la soggettività della persona per cui l'aspetto conoscitivo è dialettico, cioè deve esserci permanentemente l'incontro - scontro tra l'oggetto e il soggetto che conduce ai concetti che non devono essere fissi, ma dinamici perché la conoscenza è permanentemente aperta. Non può essere fissa.

La fissazione della conoscenza diventa un'immersione nella morte. Quanto più una persona si fissa su certe cose, tanto più si predispone alla morte. L'entropia totale che elimina il procedere dinamico, è la rovina dell'umanità. Ecco perché tutte le istituzioni, tutti i modelli statici sono... antibiotici, antiumani.

Se, invece, la persona si distacca da questo processo di inquadramento, si distacca dall'illusione collettiva e cerca di vedere con gli occhi propri, le riesce possibile leggere... l'attaccapanni come "trappola" o il water come "lavandino".

Purtroppo siamo legati ad una dimensione preconcetta. Nella natura c'è, invece, la predisposizione all'apertura perché la natura è ciò che sta per nascere, è un'avventura sul nuovo. Questo è un discorso fatto e rifatto, ma noi finiamo sempre nella fissità e, così, in questo calderone mettiamo il legame del dogmatismo, il legame delle religioni, il modello comportamentale educativo, il modello che si sostituisce ad un altro...

Prima si parlava di matrimonio, oggi di convivenza, ma sono entrambi modelli stabiliti, uno prima e l'altro dopo. L'innovativo è quello di vivere secondo la propria realtà.

Quindi, non è innovativo farsi il tatuaggio, perché se è di moda, non è più una novità, ma è un ripetersi dentro certi schemi che sono i cosiddetti ruoli. E, siccome più il tempo passa, più noi ci arruoliamo, meno entriamo a contatto con la verità che è apertura libera per conoscere e generare. Un rapporto artistico, creativo è l'unica possibilità per trovare l'armonia della vita dove per "ar" si intende l'andare oltre (aspetto artistico progressivo) e per "monia" (da "munia") la moneta, la preziosità.

"Armonia" significa, quindi, andare verso l'equilibrio dinamico, cioè entrare a contatto con le proprie energie vitali ed esprimerle progressivamente a mano a mano che sorgono.

Devono sorgere e risorgere sorprendendomi in continuazione. Se non mi sorprendono, significa che mi sono già programmato.

La programmazione è la rovina dell'umanità tanto che il tempo "libero" oggi è anch'esso programmato da tutti.  

Noi oggi qui siamo immersi nella natura, tra i castagneti, con il ruscello dove non c'è mai la stessa acqua. L'acqua, nella sua dimensione essenziale, è la rottura dell'equilibrio perché non si comporta come gli altri corpi che si dilatano con il caldo e si restringono con il freddo. L'acqua fa eccezione ed è questo che ha prodotto la possibilità della vita sulla terra. Dall'acqua dobbiamo assumere la capacità di cogliere l'imprevedibilità.

Provate, invece, a vedere che difficoltà c'è a rompere i contratti e quanto raramente sorge l'idea di passeggiare in libertà o di non programmarsi le attività del giorno seguente. Tutto è diventato un obbligo. Fin da quando si è piccoli si viene programmati per fare l'inglese, il catechismo, la musica, la scuola, i compiti, per cui il bambino perde il contatto con se stesso e dopo 10 anni non si ricorda più che cosa significhi essere naturali.

La natura che è caratterizzata dall'ottimismo, dopo un po' si ribella a questo sistema di morte e si crea la spaccatura. Noi possiamo entrare nella dinamica o facendo da freno o dando un impulso di vitalità.

Il freno è il controllo, è la cattura nella legge. Lo schizofrenico è quello che legge la realtà in modo diverso da quella che è perché è diviso dalla realtà. L'ebefrenico è quello che non produce niente in testa. Il vitale è quello che armonizza tutte le facoltà che caratterizzano l'essere umano la cui essenzialità è la libertà che coincide con l'essere liberi da schemi, essere liberi di avventurarsi nell'ottimismo, essere liberi per raggiungere vette che non erano precedentemente conquistate.

Questa istanza dell'uomo è quella che permette a noi, oggi, di essere al passo con la nostra natura. Se non ci mettiamo in questo percorso, ci opponiamo alla vita che è sempre un movimento senza fine. Dove andrà a finire l'umanità dipende da come noi la spingiamo. Se la freniamo, se l'arrestiamo, la devitalizziamo. Se, invece, la rispettiamo nella sua naturalità, ne acceleriamo l'attuazione.

Conoscere la verità non significa andare al codice che si definisce vero, ma ricercare permanentemente la verità che si incarna dentro e fuori ciascuno di noi.

Quando mangiamo, esprimiamo l'ottimismo di sopravvivere. Quando dormiamo, recuperiamo le energie per andare avanti. Il cibo è la "refezione", termine che vuol dire "rifarsi le forze" per progredire. Non è un tamponare, ma un accelerare.

L'alimentazione non riguarda solo l'assunzione di cibo, ma è anche alimentare la mente, farvi entrare idee nuove che ci spingono su sentieri mai percorsi. Ecco perché si parla di vie e non di strade. Ognuno di noi percorre la propria via, non la strada che è costruita da altri e tracciata in modo da non poter andare oltre. Questo va contro il modello dell'uomo...

Qui dovremmo avere il coraggio di chiederci che possibilità ha la scuola di alimentare l'umanità, e gli incontri tra di noi che possibilità danno di conoscere aspetti diversi. In parole più semplici: l'incontro di oggi deve essere per noi l'inizio per andare oltre il livello già raggiunto. Se non c'è questa volontà, vuol dire che ci mettiamo in una posizione di chiusura alla vita.

Provate ad entrare dentro di voi per andare a visitare i luoghi oscuri della vostra esistenza perché l'incontro se non avviene dentro di noi, non potrà mai avvenire fuori. Sarà sempre cortecciale perché scivola lungo i binari della nostra indifferenza se non c'è la possibilità di incuneare anche una sola parola che l'altro ha detto rivelandoci la sua identità. E' in questa che c'è la possibilità dell'arricchimento perché l'identità della persona ha il proprio idioma che è unico e irrepetibile. Ecco perché noi quando parliamo dovremmo avere un linguaggio tutto personale perché l'esperienza è personale. Siccome per comodità ricorriamo alla codificazione, questa già comporta una restrizione.

Ed ecco perché la penetrazione nell'esperienza dell'altro richiede molto tempo... Sono le doglie del parto. Quando ascolto una persona, la partorisco dentro di me, ma non sono doglie dolorose, bensì gioiose come quelle della mamma che quando partorisce è felice perché ha dato alla luce un altro essere che può spingere l'umanità verso un'apertura ottimistica. Nonostante il mondo sia attraversato da dolori, tuttavia l'umanità cammina e va oltre la terra. Dove arriverà? Non lo sappiamo e non lo possiamo sapere...

Che possiamo fare per aprire questi orizzonti? Ma che sono gli orizzonti? Sono il luogo dove c'è l'Oriente che genera la luce che mette in essere le cose. Il nostro orizzonte è mettere in luce le zone oscure della nostra esistenza che non conosciamo perché andiamo a conficcarci nelle dimensioni dell'illusorio. Se, invece, entriamo nell'onirico, in ciò che sogniamo, là c'è molto più di vero di noi ed è quello il nostro orizzonte.

Allungare lo sguardo nell'orizzonte intimo vuol dire far sorgere quella luce che illuminando ciò che non è materiale, ci dà l'anelito a raggiungere la permanenza per l'essere che non è limitato dalla sofferenza dell'apparenza nel senso che l'essere sfugge all'illusorio perché è. Quell'essere è tale perché si svolge.

Come miliardi di anni fa, con la luce è cominciata la vita sulla terra, anche oggi un raggio di luce all'orizzonte può generare l'uomo nuovo che è appunto la verità che ci rende liberi.

Come si collega tutto questo con la citazione tratta dal profeta Geremia (22,16) che sta nel titolo di quest'incontro: "Egli tutelava la causa del povero e del misero e tutto andava bene. Questo non significa infatti conoscermi? Oracolo del Signore"?

Significa che quando una persona è in grado di donare sé per la causa dei miseri e dei deboli, deve necessariamente conoscersi. La conoscenza di sé deve essere corrispondente e non illusoria. Conoscere sé non significa leggersi la carta d'identità, ma recuperare la propria identità che è esattamente dare spazio a ciò che è l'orizzonte nascosto e criptato dentro ciascuno di noi e che anela ad essere sviluppato, ad essere aperto per fuoruscire mediante le azioni. Quindi, occuparsi del povero significa conoscersi per poterlo fare con autenticità, perché se l'uomo non si conosce, quello che fa può essere anche imbrigliante, può essere una prigionia e non un orizzonte, può essere una costrizione e non una generazione. La società contemporanea ci priva dell'espressività obbligandoci all'esecutività.  

Allora, Geremia dice che se voglio aiutare gli altri, devo conoscermi e solo se mi conosco, posso aiutare, altrimenti compio un'azione che è deleteria per me e per gli altri.

Quando la persona si esprime, è proprio nell'atto in cui si esprime che si conosce.

"Questo non significa infatti conoscermi?"...

Dunque, "conoscermi" è esprimermi nella dialettica. Mentre lo faccio, io mi conosco, mi genero. Mentre mi genero, mi metto in relazione. Relazionarmi e realizzarmi sono un tutt'uno, perciò va bene. Se, invece, il fare è successivo o è vincolante, non è corrispondente alla mia dimensione dell'essere.

Dunque, alla domanda di Geremia si può rispondere: "Sì, è conoscermi perché quando faccio quello che io sono, mi genero in quanto la conoscenza è una generazione permanente di sé, è un'esperienza, è un parto. Ecco perché ci vuole l'orizzonte interno, l'insorgenza dell'energia vitale personale.

In parole più semplici: l'uomo di oggi o si organizza per nascere e rinascere giorno dopo giorno oppure muore tempestivamente, perché la struttura non aiuta.

Quello che vi sto dicendo riguarda l'ottimizzazione dell'umanità. Se in uno, due o tre di voi sorge il desiderio che è la spinta che parte da dentro, non ha più bisogno dello stimolo esterno perché ha in sé la voglia di essere. Quanto più la persona esplode e rompe i legacci che la detengono in una sorta di prigionia, tanto più nasce. Cioè  la nascita dell'uomo dipende da noi.

Quando Nicodemo andò da Gesù di notte (incontro tra luce e tenebre), Gesù gli disse che doveva rinascere. "E come?" - fu la domanda di Nicodemo. Gesù gli rispose: "Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito e spirito".

In effetti, questo significa: "La tua rinascita è interiore, è spirituale per cui si trascina dietro tutta la materialità, le azioni, le prospettive e i programmi che scaturiscono da dentro. Se non partono da dentro, sono illusioni. E' l'essere che si manifesta nel fare".

"Questo non significa infatti conoscermi?"...

Ma perché riusciamo a metterci in relazione in un ambiente accogliente mentre, pur conoscendoci, ci riesce difficile quando l'ambiente non è tale?

Bisogna tener conto del pregiudizio. Non è vero che qui siamo senza pregiudizi. Li abbiamo tutti! Siamo immersi nel pregiudizio che fa parte dell'illusorio. Liberarci da questo è difficile. La prima cosa da fare è renderci conto che ciascuno di noi è pieno di pregiudizi.

Spesso abbiamo l'orientamento ad essere in funzione degli altri. Potremmo evitare questo e cercare di essere in funzione nostra. Se ci realizziamo, la nostra realizzazione produce in automatico una comunicazione autentica. Quindi, è necessario pensare per rendersi conto se la realtà che ciascuno vive è la propria o è quella che le è stata imposta dai pregiudizi della cultura e degli altri per cui la genuinità dell'essere, nella sua unicità, non si è mai potuta sviluppare.

Ecco perché c'è un lavoro interno da fare. L'educazione ha come soggetto il soggetto stesso. Noi abbiamo ancora il pregiudizio che l'educazione venga dall'educatore, ma non è così: è il soggetto che si educa. Quanto più ti evolvi, tanto più stimoli l'altro. Quanto più l'altro è stimolato, più può dare una risposta al tuo stimolo e questo attiva una dinamica costruttiva.

Normalmente, la persona se invece di funzionalizzare sé, si pone in chiave ontica, mette la propria onticità, il proprio essere nel tesoro generale.

Esiste una comunicazione intraverbale prima della verbalizzazione. L'acquisizione di un livello di maturità produce un arricchimento della struttura societaria indipendentemente dalla comunicazione. Per esempio, un gruppo di scimmie che ha imparato a rompere le noci di cocco, solo per averlo imparato, automaticamente lo trasferisce agli altri gruppi di scimmie.

Così il livello di maturazione di una persona produce un innalzamento degli altri. Il problema è che le persone non pensano più di poter crescere anche se per crescere basta qualsiasi stimolo, basta un filo d'erba, un fiore, una ghianda, una foglia, un raggio di sole, se la persona li vuole cogliere, ma se non vuole, può anche prendere una quantità di lauree e rimanere  dipendente dalle nozioni che altri hanno elaborato e non lei.

Ecco perché l'uomo ha più difficoltà ad impossessarsi delle matrici conoscitive. Se mi voglio conoscere, trovo mille maniere per farlo. Se ci si imbottisce di notizie che però non entrano nel nostro mondo esperienziale, sono cose che scivolano via. Se, invece, anche una sola affermazione diventa mia e diventa comprensione insieme a tutto quello che ho già messo dentro di me, questa nuova affermazione mi va a rimuovere tutto.

E' come se voleste aggiungere una mattonella a questo pavimento: dovreste smantellarlo tutto per ridimensionare tutte le mattonelle.

Stamattina, a S. Francesco a Folloni ci sono stati raccontati una quantità di miracoli che S. Francesco vi avrebbe operato. I miracoli vengono amplificati dalle persone che vi stanno intorno. Saranno amplificati tra 100 anni quelli di P. Pio e tra 200 anni quelli di Giovanni Paolo II. C'è anche un libro su Roberto Bellarmino che mandò al rogo Giordano Bruno nel 1600 e fu fatto santo quando si stava per rivalutare Giordano Bruno. Sono giochi politici. I santi non sono quelli del calendario. Il santo sta dentro di noi se prendiamo in mano la gestione della nostra esistenza, se stiamo all'orizzonte, se facciamo sorgere un raggio di sole che abbiamo dentro perché ciascuno di noi è un anello per la storia dell'umanità anche se non genera figli in quanto accanto alla generazione fisica, c'è quella mentale, psicologica, sociale, culturale...

La testimonianza è un modello produttivo. L'umanità avanza a mano a mano che le persone crescono. Noi abbiamo poca dimestichezza con noi stessi. La ricchezza che ci costituisce sembra non appartenerci. Ci siamo abituati a considerarci validi se l'esterno ci valida, altrimenti ci consideriamo... invalidi! Ma è la validazione esterna che ci rende veramente invalidi. Se siamo validi internamente, invece, nessuno ci può invalidare.

Questo è difficile perché noi siamo abituati alle etichettature: se sei laureato puoi parlare, se non hai la laurea non sei nessuno. Non è così! Costruire il proprio equilibrio vuol dire andare verso l'armonia, verso la ricchezza che sta dentro.

La conoscenza, nella sua essenza, è produttiva dell'essere. Quando la persona si conosce, si genera e a mano a mano che prende consapevolezza della sua realtà, questa sorge.

Se ho un assegno da un miliardo di euro nel tacco della scarpa senza saperlo, per me quella ricchezza non esiste. Solo quando me ne rendo conto, quell'assegno è mio.

Io posso conoscere sul piano noetico, astratto, concettuale, ma non possedermi. E' come se scrivessi un libro sull'amore senza essere mai stato innamorato. Posso farne anche un trattato, ma non so cos'è l'amore. Il conoscere nel senso biblico è sperimentare nell'onticità. Difatti, Adamo "conobbe" Eva, cioè se la visse nell'orgasmo e in questo si generò come persona.

Allora, vedete che avere fede non è conoscere un trattato, ma è un'esperienza dinamica interpersonale se Gesù Cristo per te è una Persona, altrimenti è solo un libro. Così come le persone che ti stanno accanto sono tali per te se entrano nel tuo mondo, altrimenti è come se non esistessero... Una stella alpina è tale per te solo quando ti accorgi della sua esistenza sulla montagna... Una mamma è tale quando partorisce, altrimenti sa solo che cos'è una mamma... La bicicletta è  un oggetto esposto in vetrina se non sai andarci...

Insomma, l'esperienza di vita è quella che più ci costituisce. Se non abbiamo l'esperienza personale, se non ci accorgiamo che la vita sta nelle nostre mani, nell'orizzonte personale che abbiamo dentro, facciamo finta di vivere, ma non siamo mai vissuti.

Quando tu sei "persona", interagisci secondo le leggi del sistema aperto: l'omeostasi, la trasformazione e l'integrazione.

Se uno è omeostaticamente rigido, non permette a nessuno di entrare nel suo mondo e lui non ne esce. Se è eccessivamente trasformabile, non dice niente perché è uno... "Yes, man".

Per avere l'integrazione è necessario avere una propria consistenza e la capacità di elasticizzare la relazione, altrimenti non si entra nello scambio.

Queste sono le basi della comunicazione.

Gesù Cristo, dopo aver parlato per tre anni ai discepoli, si accorse che non avevano capito niente.

Noi giriamo attorno a questi pensieri da parecchi decenni, ma non ci sono ancora chiari. Solamente quando l'uomo pensa e riflette dentro di sé, assapora la sua esperienza al punto tale da poter... giocare con il tumore, con il tradimento del marito, ecc..

La cosa più bella è essere quello che si è, e in questo c'è l'esperienza di fede. Non ci vuole altro.

 

 

 

 

(1) Per "thatcherismo" si intende l'insieme di scelte di politica economica adottate dalla Gran Bretagna nel corso del governo di Margaret Thatcher.

 

 

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