Associazione "La Mano Sulla Roccia"

2° INCONTRO DEL 04-11-2019 PERCORSI DI EMANCIPAZIONE

 

a cura di P. ANTONIO MAIONE, psicologo, pastoralista, presidente dell'Ass. "La mano sulla roccia"

 

Il momento mette in evidenza il movimento. Non c'è momento nella vita che non abbia intrinsecamente una tensione al raggiungimento del fine che, nella fattispecie, è quello che dà il senso alla vita, corrispondente al raggiungimento dell'emancipazione per il godimento della felicità. Ci si emancipa per evitare di essere sottomessi e venire ad essere completamente alienati.

Dell'emancipazione non si può parlare perché la si vive. Sarebbe come parlare della vita. La vita va vissuta. L'emancipazione va esercitata. Se ne potrebbe anche parlare, ma il parlare può essere contraddittorio.

Questa sera, ci soffermiamo un po' sulla necessità di attraversare delle tappe che conducono l'uomo al possesso di sé. La parola "possesso" è usata e abusata. Viene da "sum potens" (sono potente), sono, cioè, nella potenzialità di attuare la mia identità che è la cosa più semplice di questo mondo perché non si chiede alla persona di essere chissà chi, ma di essere se stessa.

Gesù Maestro dice (Lc 12,57): "Non avete in voi stessi la coscienza?" (cioè la consapevolezza di essere ciò che si è).

L'uomo ha una duplice derivazione genetica: quella paterna e quella materna. Il gamete proviene da 23 cromosomi paterni e 23 cromosomi materni. Questi costituiscono insieme i 46 cromosomi che sono la base genetica della persona. Per avere una ripetizione di questo modello c'è una probabilità che è 2 alla ventitreesima potenza che corrisponde a 1 su 70 trilioni. La persona, quindi, in quanto individuo, nel suo modello genetico, non ha alcuna possibilità di ripetizione né nel presente né nelle generazioni precedenti né in quelle future.

Ogni persona scaturisce da una triplice causalità: una è quella genotipica, un'altra è quella fenotipica e la terza è quella della libertà. Questi tre elementi costituiscono la genuinità e l'unicità della persona per cui questa non può essere assolutamente considerata come emanazione di un'altra. E' una realtà a sé stante. La persona nasce nella sua unicità e in questa trova la sua preziosità. Se non si emancipa nella sua singolarità, si mette in una condizione di sottoscrizione della propria alienazione. Questa porta il soggetto alla vendita di sé.

La società contemporanea, nel modello altamente complesso, non dà alla persona la possibilità di realizzarsi nella sua unicità singolare. Nel giro di poco tempo, questi modelli che alienano il soggetto, saranno sempre più numerosi per cui la persona si troverà nell'alienazione totale se gli Stati non entrano nella consapevolezza che non possono più mirare a breve termine solamente per assicurarsi... i voti della prossima legislazione. Nessuno Stato si occupa dell'emancipazione della persona che è premessa per il raggiungimento del fine fondamentale della sua vita che è la felicità.

La felicità non può essere raggiunta se non c'è l'emancipazione e l'emancipazione non può avvenire se non c'è l'unicità e la preziosità annesse al soggetto che è irrepetibile. Detto questo, diventa quanto mai facile sottostare alla pressione culturale scolastica, familiare, statale, ecc.. La famiglia cerca di collocare il proprio figlio in una situazione di sistemazione e il figlio si sistema secondo il modello dei genitori. Ma il modello del figlio non può essere quello dei genitori come detto in premessa.

Se, allora, il soggetto vuole esprimere le proprie potenzialità  che sono inserite in lui come modello di unicità, deve tempestivamente svegliarsi dal torpore che gli viene inoculato progressivamente dalla famiglia, dalla scuola e dalla società.

Lo Stato non ha assolutamente l'esigenza di avere delle persone pensanti, ma ha l'esigenza di avere dei sudditi. Questi, allora sono sudditi, allorché sottoscrivono la loro sudditanza.

Quindi, da dove comincia l'uomo per emanciparsi da questo modello che sta al di fuori di sé? Solamente dal riuscire a trovare il tempo e il modo dell'interiorizzazione per conoscere profondamente sé, per prenderne consapevolezza.

C'è un'espressione di Gesù (Lc 10,23-24): "Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono". A me questo ha fatto molto pensare perché il messaggio di Gesù è rivolto ad ogni singola persona (non nella massa) perché la relazione è sempre intersoggettiva. Quando dice: "voi", si riferisce, comunque, a ciascuno anche se sono molti.

Anche qui stasera siete molti, ma ognuno di voi è un mondo a sé. Nessuno può delegare gli altri a sostituirlo perché è insostituibile. La persona è insostituibile prima, durante e dopo la sua esistenza.

Pertanto, è importante la relazione con l'Eterno perché di Eterno si deve parlare quando si vuole uscire da una situazione di schiacciamento alienante, perché noi siamo nell'alienazione per condizione umana in quanto nasciamo e moriamo lì dove non abbiamo scelto.

La vita implica la morte, ma non che poi questa avvenga, ma che mentre viviamo moriamo attraverso il metabolismo e il catabolismo.

Per quanto mi riguarda, non dovete mai preoccuparvi per me: io so morire perché la vita si vive anche e soprattutto nella morte. Infatti, i più vivi sono i bambini che crescendo "muoiono" progressivamente perché ogni crescita comporta un metabolismo con accentuata sottolineatura dell'anabolismo. Oggi ho visitato un anziano malato di cancro la cui condizione è stazionaria  perché ad una certa età le cellule tumorali non si riproducono rapidamente. C'è una considerazione da fare: noi ci mettiamo sempre in una posizione... opposta al cancro, ma il cancro in sé è una forma regressiva della vita. Quando questa diventa invivibile, trova il modo di regredire nelle forme primitive perché sono quelle più capaci di sopravvivere in quanto non hanno molte necessità. Come si sviluppa un tumore? Il tumore ha trovato un modo intelligentissimo per sopravvivere utilizzando le risorse del corpo. Non ha l'apparato respiratorio, digerente, ecc., ma prende tutto bello e fatto. Noi lo consideriamo un parassita, ma se ci mettiamo dalla parte sua, dobbiamo dire che ha trovato il sistema migliore per vivere.

Noi siamo una realizzazione complessa. Nella nostra testa ci sono circa 100 miliardi di neuroni tutti collegati con un sistema talmente inaccessibile che dà uno spazio alla vitalità dello spirito. In un groviglio di matasse di neuroni è data la possibilità di esercitare la propria libertà che è la via che conduce all'emancipazione... Se le togliete la libertà, avete tolto la persona... alla persona! E che resta? Niente!

"Quale vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà sé?" (Mt 16,26)... E come è possibile che l'umanità progressivamente si sia talmente arrugginita da diventare sottoscrivente la sua dimensione di caduta e di annullamento della propria realtà? Dove può trovare l'uomo la possibilità e la forza con il coraggio annesso? Perché se uno ha una grande forza, ma non ha il coraggio, non può esercitare la forza. Quindi, ci vuole forza e coraggio. Da dove si può cominciare? Dalla consapevolezza di essere una realtà preziosa perché unica e irrepetibile. Come si siede uno sulla sedia è diverso da come lo fa un altro perché è un'esperienza personale che appartiene solo a quel soggetto. Tutti dormiamo, ma i sogni che fa uno, non sono i sogni che fa l'altro e, quando li racconta, sono già... tradotti. Nessuno può raccontarci i sogni che fa perché lui stesso non li sa in quanto noi sogniamo con l'emisfero destro e raccontiamo i sogni con quello sinistro. Il che vuol dire che già li abbiamo tradotti in dimensione logica, discorsiva. Ma il sogno è il groviglio delle fantasie, della creatività, dell'arte onirica... E' come quando uno ha avuto paura e poi la racconta: usa delle parole, ma non rivive l'esperienza.

Non fate domande adesso. Rimandatele a dopo, altrimenti entriamo nella dinamica dispersiva per cui alla fine del discorso ognuno se ne va con quello che aveva prima in testa e questo è contrario ad ogni rapporto sociale perché la realizzazione del sé passa attraverso l'incontro con l'altro che non è solo un'altra persona, ma anche l'evento che suscita nel soggetto l'opportunità di svegliarsi dalla sua dimensione di "morfinizzato" ed entrare in atteggiamento critico per vedere se le scelte che ha fatto nella vita sono quelle durature e permanenti o se si conserva il diritto di scegliere nella pluridirezionalità della vita, considerato che la vita è una sola.

Se è una sola, non ci può essere una sola scelta. Nell'unicità della vita ci vuole la pluralità delle scelte perché le potenzialità che sono nascoste in ciascuno di noi dal punto di vista genetico sono tantissime. Voi sapete che da quello che è contenuto nelle cellule staminali si può ricavare l'esistenza del genere umano. Quindi, ciascuno di noi ha delle potenzialità che normalmente il sistema atrofizza e seppellisce. Spetta alla persona svegliarsi. Quando? Quando un evento, una persona, una crisi personale mi portano a domandarmi: "La scelta che ho fatto è stata proprio la mia o e frutto di un'oppressione familiare, economica, culturale, religiosa? Quante scelte provenienti proprio da me ho fatto nella vita?"...

Per fare questo discorso diventa necessaria l'interiorizzazione nella solitudine perché ognuno di noi nasce e muore nella solitudine.

Lungo il percorso della vita ci si illude, per esigenze antropologiche, di avere il supporto degli amici con le cosiddette delusioni annesse. Capita anche tra marito e moglie... Quando viene detto ad una persona: "Sei diventata un'altra!", è positivo perché vuol dire che progressivamente quella persona si sta liberando delle incrostazioni che a mano a mano le sono state aggiunte.

Alla fine il proprio essere personale rimane sepolto da tutte queste incrostazioni. Ma siamo molto abili a scaraventare le responsabilità fuori di noi. Questo è un sistema tipico dei bambini che quando battono la testa contro il tavolo, normalmente non dicono che è colpa loro, ma picchiano il tavolo per punirlo. Così noi, di fronte ad una società che ci schiaccia, diciamo che è colpa degli altri che non fanno. Potremmo, invece, cominciare a dire: "Ma io ho fatto la scelta che volevo fare? E oggi, indipendentemente da quella già fatta, sono in grado di farne una corrispondente alla mia esigenza attuale? Se sono capace oggi, faccio la mia scelta con coraggio, ma se non sono capace oggi, vuol dire che non lo sono stato neanche ieri.

Questo significa avere la capacità di emanciparsi dalla prigionia che noi stessi ci siamo costruiti. Di queste prigionie ne abbiamo un'enorme quantità.

La scuola progressivamente ti dice: "Tu non vali niente se non impari quello che io ti dico!". All'università è tutta una corsa a fare gli esami per avere il titolo con il quale... soffiarsi. Mai ti viene chiesto: "Ma tu, nella tua vita, nella tua originalità, nella tua libertà, nella tua genuinità, che vuoi fare? Che avresti fatto? ".

Allora se hai queste potenzialità, mettile fuori, inventati la tua arte, la tua fede, perché la fede non può essere somministrata come ammaestramento. La fede è un'esperienza di relazione personale. Se non c'è la relazione personale, non c'è nessuna fede. Si può parlare di religione, ma mai di fede. Nella religiosità c'è un'esecutività prassica per cui si fanno delle cose come l'andare a Messa, l'andare a Medjugorje, a Pompei (caso mai a piedi), ecc.. Il problema non è l'andare fuori, ma è l'andare dentro di sé per trovare nella propria solitudine qual è l'orientamento che sta scritto nel proprio mondo, perché di quello bisogna rendere conto a se stessi. Se non si sta bene con se stessi, nessuno può intervenire per mettere un altro nella situazione di benessere.

Allora, l'emancipazione è affidata al soggetto che ha forza e coraggio. Il coraggio parte da dentro, ma solo se si va a vedere dentro che cosa c'è. Se non si va dentro di sé e si esegue solo quello che dicono gli altri, non ci si emancipa.

Ma come si va dentro di sé? E' un esercizio. E' l'incontro con la tua realtà quando tu ascolti e vivi te. Ascoltare sé vuol dire mettersi in un posto.

Carlos Castaneda in "L'erba del diavolo" narra di un maestro che prima di cominciare la lezione, diceva agli allievi: "Strisciate sul pavimento per trovare il vostro posto". Il maestro, cioè, non diceva dove si dovevano mettere, ma voleva che il posto lo trovassero gli allievi stessi strisciando per terra (come fa il cane, per esempio, che gira e gira finché non trova il posto a sua misura).

C'è differenza tra il guardarsi e il vedersi. Il guardarsi è alienante. Il vedersi è realizzante. Guardarsi è imporre a sé l'immagine che si ha di sé. Il vedersi, invece, è farsi un'idea di quello che si è. Quindi, assumo l'oggetto, non l'impongo. Il guardare è una proiezione soggettiva. Invece, il vedere è trovare nella propria profondità l'impronta divina, è sentirsi unici e preziosi e avere il coraggio e la forza di rompere ogni vincolo di prigionia.

Gesù, buon pastore, non ha mai detto che Lui va dietro le pecore (noi) spingendole ad andare dove Lui vuole. Lui cammina avanti, e chi vuole Lo segue di sua iniziativa e con la sua modalità.

Il maestro che "conduce" l'allievo non è maestro, perché questi deve essere animatore, cioè deve dare l'anima che è lo spirito, è l'ectoplasma che esce da dentro, non viene impresso.

Sembra facile, ma non lo è, perché noi abbiamo dimenticato che cosa significa potersi esprimere. Emanciparsi significa che io devo trovare in me la forza e il coraggio di mettere fuori quello che sono, anzi, quello che ero prima e che ora non sono più (per tutte le sovrapposizioni).

L'interiorizzazione richiede una sorta di esame della propria condizione per vedere se... è strisciata sul pavimento o se ha trovato la sedia bella e pronta e vi si è seduta.

Noi siamo in una società con i ruoli attribuiti, mentre in una società che è comunità, i ruoli dovrebbero essere acquisiti. Questi sono due mondi! Il ruolo attribuito è dato dagli altri che ci dicono che dobbiamo fare. Il ruolo acquisito è quello che ciascuno assume quando cerca l'espressione più corrispondente a se stesso. E questa espressione corrispondente non può essere statica, ma è dinamica perché la vita è movimento.

Dunque, ogni momento (che è la forma contratta di "movimento") è aperto alla scelta che io posso fare oggi, domani e dopodomani.

Nel momento in cui impongo un ruolo ad un'altra persona, io sono collaboratore dell'alienazione dell'umanità. Nel momento in cui mi emancipo partendo da me, prendendo lo spunto da quello che mi giunge come sollecitazione, come provocazione (che significa "chiamata a vantaggio"), io sono prezioso per la storia universale.

La vocazione è l'esatto opposto. Quando si sente questa parola, si pensa subito ad una chiamata di tipo religioso. Ma entrare nel convento, secondo il Vangelo, significa... uscirne, perché se si va in convento come in una trappola in cui il soggetto perde la sua dignità e non si riconosce come una realtà unica, preziosa per sé e per la storia universale, è un fallito.

Ora consideriamo un giovane che ha una grandissima potenzialità e che si riduce a prendere il reddito di cittadinanza perché solo per il fatto che esiste, lo Stato deve sfamarlo. Ma lui che fa per l'umanità? Ad un giovane si deve regalare non il reddito, ma la capacità di organizzarsi la vita perché non può alienarsi a dipendere dagli altri. Deve avere la forza e il coraggio di esprimersi nella sua novità, nella sua originalità, nella sua unicità, nella sua preziosità. Questa è la gioia che dà la vita se si riesce a viversela. Se uno vuole fare, può fare.

Come ai tempi della prima fase del Rinascimento, oggi più di allora, c'è un'esigenza di libertà perché l'oppressione si avverte molto di più in quanto è subdola, è talmente morfinizzante che alla fine la persona si trova schiacciata e non può fare niente, e non si è resa conto neanche di quando tutto questo sia cominciato.

Siamo sotto un controllo rigido a livello internazionale e sarà sempre peggio. Per questo motivo ci sono delle esigenze straordinariamente legate all'umanità che si ribellerà, non in modo violento, ma a livello personale perché la persona non ce la fa più a rimanere schiacciata sotto questo sistema che non facilita l'acquisizione della propria emancipazione. Questa può cominciare qui ed ora se ciascuno lo vuole. A questo punto bisogna fermarsi e chiedersi: "Io quando voglio cominciare a dire a me stesso che non voglio essere manipolato?". Ci riesco quando posso dire quello che sono.

 "Il vostro parlare sia: sì, sì; no, no" (Mt 5,37)... Gesù ha detto questo senza passare... per Ruini! (1)

Cercate di capire: stanno facendo una lotta spietata a Papa Francesco che sta cercando di dire che noi di Vangelo non abbiamo capito niente, particolarmente quelli... che vanno in chiesa. Il messaggio di Gesù è stato tradito per cui molti non vogliono sentire parlare di Gesù Cristo perché è stato presentato come... una gatta morta! Invece, Gesù dice: "I violenti si impadroniscono del regno" (Mt 11,12). I violenti non vanno intesi ovviamente come quelli che prendono le armi, ma come quelli che hanno coraggio.

Stavo dicendo che oggi più di ieri c'è l'esigenza di emanciparsi perché prima le persone vivevano in una dimensione di ignoranza e di sottosviluppo umano e non si rendevano conto che potevano prendere in mano la propria dignità come modello al quale riferirsi.

La prima tappa da percorrere è la consapevolezza delle imposizioni subite e la loro enumerazione. Per esempio, quando noi abbiamo scelto di andare a scuola? Quando abbiamo scelto il rosa per le bambine e l'azzurro per i maschietti? Quando abbiamo deciso di fare le ferie in periodi stabiliti? Quando abbiamo deciso di chiuderci nei nostri appartamenti e non avere a che fare con quello che abita accanto?... Noi troviamo il sistema già bello e formato al quale ci dobbiamo adeguare e se non lo facciamo immediatamente, siamo estromessi!

La seconda tappa è quella di rispettare la diversità e rispettarsi nell'unicità. Non posso rispettare l'altro in quanto altro se non rispetto me in quanto unico.

La terza tappa è quella di accettare la solitudine. "Sola beatitudo"... Beata solitudine...

E' nella solitudine che puoi parlare a specchio con te stesso e domandarti se, in fondo, quel che fai lo vuoi fare o se quel che fai non appartiene a te, ma è frutto di una serie interminabile di condizionamenti che ti hanno portato all'alienazione per cui sei diventato uno strumentalizzato da chi esercita il potere. Tre sono le fasi messe in atto da chi esercita il potere: condizionamento, alienazione e strumentalizzazione. E il potere viene sempre esercitato con mistificazione, arroganza e prepotenza. Queste sono le caratteristiche di ogni potere, sia familiare che sociale, sia politico che religioso, sia economico che culturale. Impongono modelli alla persona, ma a volte è il soggetto stesso che si va a legare e diventa dipendente. Noi siamo in una situazione di controllo rigido specialmente attraverso i cellulari.

Accettare la solitudine e coniugarla con la felicità significa essere in cammino verso l'autonomizzazione.

La solitudine se viene concepita come isolamento è una grande negatività, contraria alla personalizzzazione perché la persona è una che emette un suono per raggiungere l'altro. Quindi, l'alterità nella solitudine è fondamentale. La solitudine può essere intesa come introspezione per andare a valutare quali sono le proprie potenzialità ed esprimerle con autenticità.

"Entra in te stesso, cogli la tua identità, scoprine l'alterità, manifestala con autenticità. Questa è la radice della felicità"...

Ora la solitudine come mediazione per entrare nella relazione autentica è fondamentale per la vita. Tutti i grandi uomini hanno avuto sempre un tempo del deserto. Quando il Vangelo dice che Gesù è stato 40 giorni nel deserto intendeva dire questo (non che ci sia stato 40 giorni).

Ci sono dei settori che possono essere indagati dalla persona nella solitudine intesa come funzionale alla sua ricchezza perché l'artista è tale quando si mette nella solitudine e crea, ma se subisce l'influsso dell'altro, non crea: imita. L'artista non è un imitatore.

C'è connessione tra solitudine e preghiera? La preghiera è una parola equivoca perché ognuno ci mette dentro quello che vuole. Secondo Gesù, la preghiera è la presa di coscienza di essere destinatari di una relazione intersoggettiva. Poi ha aggiunto: "Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole.  Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate". Il che significa che non c'è bisogno di pregare, ma di stare permanentemente attenti a se stessi.

Oggi c'è un enorme percorso della collettività a dipendere perché il sistema è diventato talmente complesso che se la macchina si ferma o il navigatore ti porta fuori strada, non sai più che fare perché è tutto automatico. Una volta c'erano i carretti con le ruote con i raggi. Era facile vedere che cosa si era rotto e ripararlo. Oggi c'è un'alienazione talmente frenante che non hai più riferimenti e non sai neanche con chi te la devi prendere!

La quarta tappa porta a considerare la preziosità della propria unicità. Questa è l'elemento portante. Non è possibile emanciparsi se non si ha la consapevolezza di essere unico. Se si pensa di essere massificabile, la persona perde il diritto ad essere e nessuno glielo ridà. Se chi comanda te lo toglie e tu neanche ti accorgi che ti hanno tolto la parte più preziosa di te, chi te la restituirà?

Vedete, allora, come l'emancipazione è alla base anche del cristianesimo perché questo è fatto per gli uomini. Se mancano gli uomini, il cristianesimo è un'ennesima alienazione perché diventa un sistema per tenere sottosviluppate le persone per cui, poi, uno qualsiasi potrebbe venire qui e dire: "Qui si fa così e non si discute!".

Nel Vangelo troviamo che l'apostolo Giovanni disse a Gesù: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva". Ma Gesù disse: "Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi". (Mc 9,38-40)   

Gesù, cioè, intendeva dire: "Se quello vuole fare una cosa di testa sua, lascialo fare!".

Gesù disse pure: "Non sono venuto a portare pace, ma la spada". (Mt 10,34). Questa frase è usata per giustificare la guerra, ma Gesù non intendeva questo. Adesso l'America possiede 11 navi che costano 13 miliardi di dollari e possono portare 40 aerei... Ma Gesù intendeva la guerra dentro le persone, perché se non si comincia da lì si va diritti al suicidio. Infatti, tanti che hanno fatto la guerra in Vietnam e in Afghanistan, tornati in America, si sono suicidati.

Gesù non poteva essere più semplice? Certo! Ma la realtà non è semplice, è complessa e Lui stesso dovette rendersi conto che le persone che lo ascoltavano non erano all'altezza di comprendere le Sue parole. Infatti, disse: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso". (Gv 16,12)...

Ecco perché la possibilità di entrare nel proprio mondo è la ricchezza più grande che Lui ci abbia dato. Se poi mi accorgo che gli altri non mi vogliono bene, posso cominciare a chiedermi: "Io quando mi sono voluto bene?". E cominci piano piano a recuperare le potenzialità, le possibilità espressive, artistiche, filosofiche, concettuali, inventive...

"Posso io fare qualcosa per me?". E comincio dal poco. Anziché essere uno che si lamenta delle cose che vanno male, comincio ad opporre al malessere collettivo, il benessere personale: "Sto un amore!"...

Se uno non sta bene, deve cominciare a vedere nella propria realtà esistitiva se ha... il callo al piede perché così può capire che innanzitutto ha il piede, poi che ha il callo. E il piede, se lo analizziamo anatomicamente, troviamo che è una miniera di ricchezza!...

Nella nostra realtà fisica ci sono delle ricchezze straordinarie. Poco fa vi ho citato che il nostro cervello ha 100 miliardi di neuroni tutti coordinati che portano le notizie ad un punto che si chiama "schema corporeo". Se vi tirano un sol capello, voi sapete da dove ve lo hanno tirato. Come si fa a monitorare un intero organismo con un punto di un centimetro e mezzo?... Solo in testa ci sono 120.000 monitor, per ogni radice di capello...

Adesso quello che ci serve capire è che la persona può partire dal piccolo, dalla cosa minima. Quando uno apre la bocca e parla, deve sapere che per dire qualsiasi cosa ci vuole un marchingegno colossale tra cervello, fonetica, corde vocali che misurano solo un millimetro e mezzo. Ma noi non ce ne rendiamo conto e allora ci lamentiamo di quello che non abbiamo perché non ci siamo appropriati di quello che abbiamo. Pensate che abbiamo 7 km. di villi e microvilli che analizzano il cibo che ingeriamo prendendo quello che serve all'organismo. Come avviene tutto questo?

E quando hai mal di testa, vivi una... straordinaria condizione umana perché sei avvisato che qualcosa non va. Dopodiché il mal di testa passa. Il che significa che l'organismo ha la capacità di recuperare.

Tutto questo noi non lo consideriamo! Chiamiamo il medico, andiamo in farmacia, prendiamo medicine... Abbiamo perso la capacità di emanciparci dal sistema e leggerlo nella sua profondità.

"Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono"....

Se quelle cose le volete vedere, se le volete sentire!... Ma se uno non si mette in solitudine, non si accorge che basta un minimo urto del ginocchio e questo si gonfia perché sopravviene la sinovite. Però quante volte noi pensiamo di avere il liquido sinoviale tanto quanto basta per l'articolazione del ginocchio? Se ce n'è di più, il ginocchio si gonfia e non possiamo camminare. Ci pensiamo a questo?

Ci pensiamo che abbiamo due narici per accorgerci da che parte vengono gli odori, che abbiamo due orecchie per avere l'audizione stereo, che abbiamo due occhi per la tridimensionalità, che abbiamo la bocca con la saliva che contiene ptialina, ma anche opiorfina che è un anestetico e un antibiotico per cui quando ci facciamo male, istintivamente ci lecchiamo come fanno anche gli animali?

Sono cose straordinarie che abbiamo ma che non vediamo. Poi quando ci fa male un dente, sono guai perché non pensiamo agli altri 31 che stanno bene... Prima di lamentarsi bisogna fare l'elenco di tutto ciò che va bene.

Allora, la società è rimasta avviluppata in una rete per cui poi richiede che un salvatore la tiri fuori. Ma Gesù ha detto: "Chi crede in me farà anch'egli le opere che io faccio; ne farà anzi di più grandi". (Gv 14,12). Il che significa che Gesù Cristo non vuole un'imitazione ad...imitazione, ma un'imitazione analogica: "Come io sono stato me stesso, così anche voi dovete essere voi stessi". Non dice di fare quello che ha fatto Lui perché sarebbe contrario al Suo essere Maestro. Significa che ciascuno deve essere maestro di se stesso.

"Se incontri il Buddha per la strada, uccidilo"... Che vuol dire? Che non devi avere uno che ti dica che cosa devi fare, ma devi essere tu capace di entrare nel tuo mondo e vedere che cosa c'è scritto per seguirlo con fedeltà, con serenità, con forza e coraggio.

La quinta tappa prevede il superamento dell'angoscia che scaturisce dalla responsabilità di esercitare la libertà porta al godimento della schiavitù per cui la stragrande maggioranza delle persone ama e gode dell'esecutività.

Al di là degli schieramenti massificanti, l'unica via di salvezza per l'umanità sono le persone singole che quando hanno colto qual è il loro valore, immediatamente si emancipano e non rimandano a quando non ci sarà più tempo.

Come dicevo all'inizio, dentro di noi c'è una tensione che ci conduce all'emancipazione che ci porta alla libertà da cui scaturisce la felicità che è la nota ultima della nostra vita.

 

(1) Cardinale cattolico, presidente della CEI dal 1991 al 2007, conservatore.

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